“I veri sistemi democratici non lasciano fuori nessuno”

Consapevoli della necessità di un’economia che non lasci indietro nessuno, sappiamo che un aspetto fondamentale è pensare con e per coloro che hanno disabilità. Per questo abbiamo intervistato Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, un istituto che da 150 anni lavora per l’educazione, salute e l’inclusione dei giovani con disabilità.

Oltre a far parte del comitato organizzatore di The Economy of Francesco (EoF), l’Istituto Serafico si sta preparando a realizzare una performance artistica durante l’evento globale EoF, che si terrà ad Assisi dal 22 al 24 settembre. La performance rappresenta un simbolo e un messaggio di inclusione in cui le persone con disabilità diventano protagoniste.

Ma volevamo partire da domande che ci permettessero di capire le sfide, gli apprendimenti e le motivazioni del lavoro per questa causa. Le intervistatrici sono due ragazze che si dedicano a superare la sfida dell’inclusione sotto diversi aspetti: Gabriela Matus (Guatemala) e Ana Argento (Argentina). Entrambe sono giovani donne impegnate nel lavoro svolto dal villaggio tematico CO2 delle disuguaglianze.

Gabriela – Alla conferenza stampa su The Economy of Francesco nel 2020 ha espresso una frase molto forte che diceva “viviamo sulla nostra pelle sistematiche disuguaglianze di salute che sono ingiuste e inique perché non sono determinate da fattori biologici ma da politiche economiche che scartano la vita dei più fragili”. Sappiamo del lungo lavoro e dell’ottimo lavoro che svolgete all’Istituto Serafico di Assisi, ed è anche evidente lo sforzo di sensibilizzazione sulla disabilità. Per lei quali sono le sfide che si pongono per l’inclusione delle persone con disabilità nell’economia di oggi e come possiamo iniziare a cambiare?

Francesca – Affrontate un tema importante, quello dell’inclusione. Parlare di inclusione significa avere consapevolezza che qualcuno sta fuori, che qualcuno è rimasto escluso. Ed è importante avere questa consapevolezza perché quando spesso si parla dei più fragili penso ai nostri ragazzi, ma penso in generale alle persone più vulnerabili, a volte il termine non rispecchia la loro reale condizione. Se sei ultimo vuol dire che ti è stato concesso di partecipare in qualche modo alla vita, di mettere veramente in campo tutte le tue risorse. Ma questo non avviene per i più vulnerabili, altrimenti non dovremmo parlare di riportare dentro qualcuno. Credo che ci siano due temi principali per affrontare seriamente quello dell’inclusione: l’equità e la giustizia.

Per quanto riguarda il primo significa avere la consapevolezza che dobbiamo rispondere ai bisogni delle persone per poterle riportare dentro, per dare loro modo di gareggiare, di partecipare, per realizzare una vita piena. L’altro tema è quello della giustizia e quindi è importante, proprio a partire dai sistemi economici, che si abbia la consapevolezza che i sistemi non devono generare scarti ai quali poi si risponde con dei correttivi, ma devono sempre rispettare un minimo che è quello di consentire a tutti di realizzare i diritti inviolabili dell’uomo. Il diritto alla salute per tutti, un lavoro per tutti, una casa per tutti, un’educazione per tutti. E allora quando avremo un sistema che lavora in modo tale da dare sempre risposte in questo senso, potremmo parlare di inclusione. Avremo riportato dentro veramente coloro che stanno fuori. È vero che molte volte noi rispondiamo a ciò che manca attraverso la carità, attraverso la solidarietà allargata, ma non dimentichiamo mai, come ci ha detto Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, che giustizia e carità non possono mai essere separati. Prima di tutto dobbiamo riconoscere i diritti indifferibili. E questo lo dobbiamo perché la dignità delle persone, quella sì, è uguale per tutti e perché la giustizia è il fondamento di tutte le nostre democrazie. È la sostanza della democrazia che esige che nessuno sia lasciato fuori”. 

Ana – Papa Francesco ha detto che oggi viviamo in questa cultura e società dello scarto. Nonostante le discriminazioni e i pregiudizi che possono essere imposti dalla società, comprendiamo e riconosciamo che tutte le persone sono degne e hanno valore. In questo senso, vorremmo chiederti cosa possiamo imparare dalle persone con disabilità e come possiamo condividere con gli altri il valore che portano alla nostra società?

FrancescaIo credo che il valore esprime l’insegnamento costante e la testimonianza che ci danno le persone con disabilità. È il limite. E la consapevolezza che la persona umana è fragile. Sapete cosa ci ha detto Papa Francesco quando è venuto qui, al Serafico? Aveva di fronte a sé, intorno a lui tutti i 104 bambini e ragazzi del nostro Istituto. Era il 4 ottobre 2013, la sua prima visita nel mondo. A un certo punto, guardando i ragazzi ha detto. “Sapete quando Gesù è risorto, era bellissimo. Nessuno lo poteva riconoscere, lo abbiamo riconosciuto solo per i segni della croce. Ha voluto portare in cielo i segni della croce. Allora le persone con disabilità ci rappresentano. E noi non dobbiamo avere paura della fragilità. Pensare di sconfiggere la fragilità è sbagliato; fa parte della vita e noi possiamo sempre vivere una vita piena nonostante il limite.

Gabriela – Quando parliamo di accessibilità, intendiamo la rimozione delle barriere, l’apertura di opportunità, il miglioramento delle condizioni, ma soprattutto la connessione tra persone, ambienti ed esperienze. Sappiamo che più un prodotto o uno spazio è accessibile, più persone possono raggiungerlo. Tenendo presente questo, Francesca, e che la partecipazione delle persone all’evento sarà molto varia, potrebbe condividere con noi qualcosa in più su come, attraverso The Economy of Francesco e la vicinanza all’Istituto Serafico, vorrebbe raggiungere più persone per sensibilizzarle sul tema, ma soprattutto per motivarle a costruire un mondo senza barriere?

FrancescaQuando parliamo di accessibilità e di abbattimento di barriere, le prime barriere sono quelle culturali, sono quelle che abbiamo dentro di noi. E poi c’è un altro sforzo che dobbiamo fare: pensare cioè che l’accessibilità non è un qualcosa che riguarda solo le barriere architettoniche, che riguarda persone che possono avere disabilità, magari motorie. No, l’accessibilità riguarda proprio la vita nel suo complesso. In questo modo penso a un settore che mi sta molto a cuore, che è quello delle cure sanitarie. La sanità in tutto il mondo non è accessibile a tutti. E non è solo un problema economico. Certo, c’è anche tutto l’aspetto finanziario, perché ormai la logica del profitto, dell’azienda, del risparmio stanno interessando in qualche modo l’erogazione dei servizi sanitari. Oggi in molti Paesi le prestazioni, le cure si attivano quando puoi avere un esito di guarigione. E questo è inaccettabile perché inguaribile non è incurabile. Puoi sempre prenderti cura. I nostri ragazzi non guariranno mai dalla loro disabilità, non cambieranno mai. Ma noi siamo accanto a loro per attivare le loro risorse, per aiutarle comunque a vivere una vita piena. Però c’è un altro aspetto più puro, che riguarda proprio l’accessibilità alle cure: i nostri sistemi non sono pensati per la persona con disabilità; sono pensati per esempio per il malato. Quindi in molti casi noi abbiamo strumenti che non sono diagnostici, che non sono adatti alle persone con disabilità. Abbiamo ambienti che non sono adatti alle persone con disabilità e così tante volte le cure vengono negate. Questo avviene in tutti i Paesi del mondo, tanto che c’è una ricerca a livello mondiale che ci dice che le persone con disabilità hanno il doppio di probabilità di non avere strutture appropriate. Il triplo di probabilità di vedersi negare le cure rispetto agli altri. E allora? Questi dati sono sconcertanti perché ci dimostrano come la società si stia costruendo intorno alla persona efficiente. E allora ritorniamo all’impostazione iniziale: non è questa la persona reale, la persona è fragile. E quando noi costruiamo una società, a partire dagli ultimi, a partire dai più vulnerabili, avremo costruito una società per tutti. Ho parlato del tema della salute perché io credo che questo tema coinvolga il discorso, per esempio, delle disuguaglianze. Come diceva Martin Luther King, le disuguaglianze di salute sono le più disumane. Perché la salute coinvolge tanti temi, non solo il tema biologico, ma tante altre problematiche. Oggi tutto è connesso e ci si ammala, perché si perde un lavoro e si cade in depressione, ci si ammala perché si è poveri, ci si ammala perché non si ha avuta quell’educazione che ti ha consentito di conoscere i corretti stili di vita. Quindi ho parlato di questo tema perché è un tema in cui opero nella quotidianità. Allora mi piacerebbe pensare ad una salute, a una sanità accessibile, ad una città accessibile, ad un lavoro che sia veramente accessibile a tutti e quindi il tema è molto e molto ampio. Sono tante le questioni che verranno trattate nei villaggi e credo che nei villaggi si debba impostare un metodo per tenere insieme le dimensioni della vita.

Gabriela Perché, secondo lei, il Santo Padre rivolge ai giovani questo appello a costruire un’economia più giusta e più fraterna e come possiamo contribuire a un’economia più inclusiva e che non lasci fuori nessuno, soprattutto le persone con disabilità?

FrancescaChi se non i giovani possono affrontare questa sfida? Io credo che solo loro, perché loro hanno la forza e il coraggio di guardare le cose come sono e quindi sanno ancora indignarsi nel vedere le cose che non vanno, perché magari vengono violati i valori di giustizia e non viene riconosciuta la stessa dignità alle persone. Ma nello stesso tempo i giovani sono coraggiosi, sanno sognare e sanno mettersi in cammino per realizzare le cose come dovrebbero essere. E quindi noi aspettiamo davvero, crediamo nei giovani, per questo crediamo nell’economia di Francesco. Così come quell’uomo piegato, il lebbroso attese l’abbraccio di Francesco. È l’abbraccio più bello che aspetta di essere condiviso.

Ana – Sappiamo che l’Istituto Serafico metterà in scena una performance artistica durante l’Evento di settembre e volevamo chiederle se poteva dirci qualcosa di più sul tema dell’evento e su cosa possiamo aspettarci.

Francesca – Non posso svelare tutto. I ragazzi hanno lavorato tanto, anche tutti gli operatori. Sapete, qua lavorano più di 200 persone, poi ci sono anche tanti volontari. Hanno proprio scritto una storia è dedicata a voi. E’ il sogno di un economista che grazie a due angeli speciali si converte. Non vi dico di più, però è un sogno che credo, tutti noi, abbiamo per voi.