La profezia, i giovani, l’economia
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
Che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
E qua e là saltando,
Fanno un lieto romore
Il sabato del villaggio, G. Leopardi
L’uomo anziano di bianco vestito si ferma un passo prima dello specchio di luce. Si appoggia. Francesco, al suo bastone. Il cenno di un sorriso buono, eccomi. Lo sguardo di alza, si apre, accoglie. Ancora un attimo ancora un passo indietro, come dentro una vigilia che non finisce mai: non abbiate fretta, restiamo così ancora un momento. L’effimero istante prima dell’alba. Poi, come un pellegrino dal suo lungo cammino conquista il riposo, siede a lato, abbracciato dai colori del mondo: sono qui, sono venuto per voi.
Il buio mostra le ferite della nostra umanità che cade a pezzi, arresa. Si alza una donna, leggerissima: un soldato, sembra, nel suo turno di guardia. E quelle parole venute da lontano tornano come nuove, il silenzio è rotto: [mi disse il Signore] «Va’, sii sentinella notturna. Quello che vedi grida. Tendi l’orecchio, tendilo all’estremo». Poi la vedetta gridò: «Nella torre di guardia, Signore, io sono colui che sta. Tutto il giorno resto al mio posto, mai di notte lo abbandono. Ed ecco venire un carro con un uomo e due cavalli. Quello gridava: Caduta, caduta è Babilonia! E tutte le immagini scolpite dei suoi dèi sono frantumate al suolo». […] Mi gridano da Seir: «Shomer Ma mi llailah, Shomer Ma mi llailah. Sentinella, quanto manca al giorno? Sentinella, quanto resta della notte? Risponde la sentinella: il mattino viene, ma è ancora notte! Se volete domandate, chiedete, tornate e domandate ancora» (Is 21,11-12).
Sì! gli uomini e le donne di oggi sono tornati per domandare. Dalla folla, nove giovani bellissimi si fanno strada nel buio, sulle spalle le domande impronunciabili, fra le mani una piccola luce. La luce è timida, ha paura del buio. E allora si fanno coraggio le parole. Occhi alla vedetta, Egide dal Rwanda chiede Sentinella, quanto manca al giorno? Sentinella, quanto resta della notte? continua Thomas da Taiwan. Olena e la sua terra ucraina martoriata dalla guerra chiedono Quanto resta della guerra? Quando finirà il dolore immenso del nostro popolo e di tutti i paesi in guerra? Quando la terra dimenticherà l’arte della guerra? Quando impareremo l’arte dell’ospitalità per ogni uomo, donna, bambino della terra? Shomèr ma mi-llailah? Maryam con i suoi occhi ancora spaventanti: Sentinella, quanto dobbiamo aspettare perché nel nostro paese, l’Afghanistan, e in tutti i paesi del mondo, siano finalmente riconosciuti i diritti delle donne, delle ragazze, delle bambine? Con la sua voce fresca di giovinezza, Francesco chiede: Quanto resta della notte che avvolge la nostra madre terra? Siamo ancora in tempo per salvarla? Quando la politica capirà e cambierà? Shomèr ma mi-llailah? Come una forza disperata della natura, Barbara grida: Sentinella, siamo schiacciati e umiliati: quando saranno riconosciuti i diritti dei popoli indigeni e delle nostre economie diverse? Quando le nostre antiche e nobili culture saranno rispettate e magari imitate? Questa notte dura da secoli: quando finirà? – Sentinella, quanto dobbiamo aspettare per una economia più fraterna, inclusiva, egualitaria? Quando l’economia che uccide si trasformerà nella economia della vita? scandisce parola per parola, Rebeca e Javier continua: Sentinella, quando sarà sconfitta la miseria? Quando ogni bambina e bambino potrà crescere in un mondo che consente loro di fare la vita che desiderano vivere? Alla fine Erjon – e i suoi occhi di futuro – racconta: L’uomo non è il suo errore! Abbiamo sbagliato, ma abbiamo diritto anche noi al futuro, alla speranza. Quanto manca? Quando il nostro lavoro sarà riconosciuto come vero lavoro? Quando le carceri diventeranno luoghi pienamente umani? Shomèr ma mi-llailah?
Lassù nel suo posto di vedetta, la sentinella accoglie ogni domanda che le arriva come uno schiaffo a ricordarle il suo mestiere, e ripete: Il mattino viene, ma è ancora notte! Se volete domandate, chiedete, tornate e domandate ancora. Non vi stancate. Io sono colui che sta.
Perché un profeta? Perché Isaia? Perché il canto della sentinella?
Le parole del profeta Isaia sono un grande insegnamento sulla profezia, ieri e oggi. Una delle più belle e universali immagini della vocazione umana. Questo canto è molte cose insieme: è la preghiera dell’attesa e della speranza nel tempo della notte. Dell’attesa e della speranza di Dio, dell’amico, del paradiso, della giustizia, della pace. Il profeta è sentinella della notte. Abita la notte, come tutti, ignorante del tempo dell’aurora. Conosce la notte, è il suo tempo, e non dà risposte che non può dare. Il profeta è “colui che sta”: rimane fedele nel suo posto di vedetta notturna. E lì spera, attende, crede, non sa, come tutti, con tutti. Ma dialoga con i passanti. Parla con i viandanti della notte che chiedono Shomèr ma mi-llailah? Sentinella quanto resta della notte? E risponde: “il mattino viene, ma è ancora notte! Se volete domandate, chiedete, tornate e domandate ancora».
Non può dare risposte che non ha, ma non si rifiuta di ascoltare le domande. Non manda via quelli che domandano perché non ha risposte da dare, ma li invita a continuare a chiedere, a tornare, a ritornare. Allora il profeta è l’uomo e la donna del dialogo notturno; è il compagno e la compagna del tempo delle domande senza risposte, quindi del nostro tempo. Può solo rispondere donando le sue uniche due certezze: che è ancora notte e che l’alba arriverà. La speranza profetica non nega la notte e non nega l’alba. La sua fedeltà alla vocazione sta nel saper restare ignorante tra la notte e l’alba. I profeti amano il proprio tempo dialogando con chi chiede in cerca di risposte – senza poter rispondere – facendosi prossimi di chi domanda, stando accanto e ascoltando: il primo “buon samaritano” della bibbia sono i profeti che in silenzio si chinano sulle vittime della storia. E mentre abitano questa notte dialogante, iniziano i primi bagliori del giorno. Non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti.
Fedeltà alla vocazione e dialogo, anima e metodo dell’Economia di Francesco
L’Economia di Francesco è economia profetica, deve essere profezia – raccontano Giulia, Henrique, Lourdes. Come voci in controcanto, ora che la sentinella è scesa: ha ceduto il suo posto a mille giovani sognatori concreti. Con le lacrime agli occhi, accanto gli amici, hanno ricevuto l’investitura: sono diventati sentinelle, sono cresciuti profeti. Ciascuno di noi si è sentito chiamare da una voce e oggi eccoci: siamo qui, fedeli alla voce che ci ha chiamati. In questo tempo di cambiamento d’epoca non abbiamo sempre risposte da dare, ma possiamo sempre ascoltare le domande dei giovani e di tutti quelli che chiedono un altro mondo, un’altra economia: l’Economia di Francesco. Non abbiamo risposte a tutte le sfide economiche del nostro tempo, ma, tutte e tutti, possiamo ascoltare le domande dei nostri amici, delle vittime, dei bambini, della terra, degli ultimi: persone e realtà che abbiamo voluto simboleggiare nei passanti con la lanterna. La lanterna è una luce piccola, ma sufficiente per fare il “prossimo passo”. Allora, per chi ci chiede risposte …ecco, abbiamo la lanterna per fare insieme il prossimo passo che è l’unico passo che conta perché è il nostro. A quanti stanno cercando una nuova economia, diciamo: Il mattino viene, ma è ancora notte! Se volete domandate, chiedete, tornate e domandate ancora. Non vi stancate. Io sono colui che sta. Noi siamo le donne e gli uomini dell’ascolto e del dialogo.
Chi era presente, ha abitato – in quei minuti – un pezzo di cielo, uno spazio denso, libero e liberato, che ha accolto come dentro il palmo di una mano emozioni ed energie universali, una cassa di risonanza dove poter udire la sottile voce del silenzio. Che poi è diventata canto, inarrestabile.
Shomèr ma mi-llailah? (di Francesco Guccini)
[…] Cadranno i secoli, gli dei e le dee, cadranno torri, cadranno regni. E resteranno di uomini e di idee, polvere e segni, ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà, che la risposta sull’ avvenire è in una voce che chiederà Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell