The stories we are
Vivere le nostre storie
Il capitale narrativo è il frutto della dimensione narrativa degli esseri umani: in quanto homo sapiens siamo anche homo narrans – uomini e donne capaci di raccontare e di ascoltare storie. Anche all’origine delle civiltà umane troviamo racconti e miti che le hanno generate e rigenerate nei secoli e nei millenni. Per gli esseri umani, fatti e cifre non sono sufficienti: abbiamo bisogno di parole; la realtà non è sufficiente: vogliamo i sogni e, per sognare ad occhi aperti, abbiamo bisogno di storie. Il capitale narrativo comprende tradizioni, leggende, storie, poesie, canti tramandati nel tempo e tra le generazioni. Rappresenta, quindi, un patrimonio – cioè munus /dono dei padri ed è un autentico capitale perché, come tutti i capitali, genera frutti e futuro.
Pensiamoci! … Alla radice dei momenti più forti e importanti della nostra vita ci sono fatti ed esperienze che sono diventate storie che abbiamo raccontato ai nostri figli e loro ai nostri nipoti [o che abbiamo ascoltato dai nostri genitori o nonni] e ogni volta che li abbiamo raccontati [o ascoltati] li abbiamo capiti meglio, e un po’ cambiati. Anche all’inizio di grandi esperienze collettive, ci sono grandi narrazioni collettive. Comunità, organizzazioni, imprese, movimenti (spirituali, culturali, sociali, politici) nascono se le azioni e le idee dei singoli e dei gruppi riescono a diventare storie. Senza riuscire a trasformare le esperienze in racconti, i fatti non diventano fenomeni sociali, restano fatti muti. Le imprese collettive iniziano mentre proviamo a raccontarle a qualcuno.
Una rivoluzione narrativa
Esiste un legame, poi, tra capitale narrativo e capitale spirituale. Il capitale spirituale – di una comunità, di un popolo, di una cultura – comprende le dimensioni simboliche, morali e spirituali ereditate dalle generazioni precedenti. La nascita delle religioni, ad esempio, è significativamente legata allo sviluppo dei linguaggi e quindi delle narrazioni. Il capitale narrativo e il capitale spirituale sono due forme di capitali fondamentali, che sono stati sempre – e devono restare – importanti per affrontare le sfide di ogni tempo, compreso lo sviluppo economico e civile dei nostri paesi, il benessere delle nostre società. Essi contribuiscono a costruire la visione del mondo che caratterizza e identifica in modo univoco una persona, un’organizzazione, una comunità, un Paese e il tessuto sociale che ne risulta ha un impatto significativo sulle persone con cui viviamo e sul modo in cui collaboriamo.
Quando questi capitali sono disponibili, le persone sono più resilienti, hanno maggiori strumenti per affrontare le difficoltà della vita e per poter “fiorire”, possono fare affidamento sull’esperienza delle generazioni precedenti, lasciandosi ispirare da loro e sentendosi in “buona compagnia”. Questi capitali, a cui gli scienziati sociali raramente hanno prestato attenzione, si stanno esaurendo rapidamente – senza vederne nascere nuovi – a causa dell’aumento dell’individualismo e del secolarismo delle nostre società, con conseguenze negative sulla sostenibilità anche dei nostri sistemi socio-economici.
Oggi, molte delle comunità, cooperative, imprese e movimenti – fondati nel XX secolo – soffrono per una carestia di capitali narrativi: una gravissima crisi di storie e narrazioni capaci di attrarre, convincere, incantare come nei primi tempi della loro fondazione. Molte cose sono cambiate nel passaggio tra il XX e il XXI secolo. Tra queste, i codici narrativi con cui comunicare – tra generazioni – i fatti, i valori e le esperienze importanti. Pertanto la crisi delle religioni, delle fedi e dei grandi ideali, oggi è fondamentalmente una crisi narrativa. Le persone, in particolare i giovani, non capiscono più le grandi storie: quando cerchiamo di raccontarle, finiamo per “dire parole d’amore in una lingua morta”. Non sono i contenuti a non dire più nulla, è la nostra capacità di raccontarli che fa fatica. Il futuro delle religioni, della spiritualità, degli ideali, delle virtù etiche e civili dipende soprattutto da una rivoluzione narrativa capace di ricostruire un nuovo capitale spirituale.
The Economy of Francesco e un nuovo capitale narrativo
Il linguaggio è il primo segnale che dice la crisi antropologica, e quindi spirituale ed etica, che sta attraversando anche il mondo dell’economia e dell’impresa, oggi. Sappiamo bene che “l’economia è sempre stata più grande dell’economia”. E continua ad esserlo. Dietro il denaro, il lavoro, il consumo, il risparmio, l’impresa, non ci sono solo i bisogni e i gusti dei consumatori: ci sono i sogni, i desideri, le promesse, le passioni, lo spirito, le vocazioni che nascono dalla vita economica per indicare qualcosa che va oltre l’economia. Perché l’economia è un universo di parole, simboli, segni: un codice per decifrare la grammatica dell’anima degli individui e delle società.
Il mondo dell’economia, dell’impresa, della finanza, sono luoghi umani (perché abitati ancora da esseri umani!) dove più forte è la sofferenza per la carestia di parole vive e vere, da un lato, e per la grande quantità di chiacchiere inutili, dall’altro: parole, frasi, espressioni troppo povere per dire bene le cose umane che accadono, slogan espressione di un pensiero unico che sta contribuendo alla perdita di biodiversità e generatività.
È necessario far rivivere le narrazioni spirituali ed etiche nel contesto della nostra contemporaneità. Restituire un’anima all’economia (Papa Francesco, 2019) è una sfida che richiede una nuova stagione di autentica spiritualità, erede e continuatrice delle grandi narrative. La “missione” di EoF è anche quella di offrire nuovi capitali narrativi, in economia, nelle scienze sociali, nella teologia, nella spiritualità … e in tanti altri ambiti della vita! E di far emergere creatività, coraggio, capacità di attrarre nuovi giovani talenti e idee.