In carcere si entra in punta di piedi
di Maria Gaglione
Per alcuni di noi è la prima volta: gli occhi cercano di superare la distanza delle grate, una accanto all’altra, da fuori sono tutte uguali. Nelle mani abbiamo un dono. È quasi Natale, vogliamo stare un po’ con loro. I nostri amici di Bollate.
Li abbiamo conosciuti “per caso”. Marco – che lavora per la cooperativa bee4 altre menti – aveva scritto ad Economy of Francesco e a Luigino Bruni: “Ci aiutate a parlare di lavoro in carcere?”. Detto fatto, nel giro di qualche settimana, un incontro online fra Luigino e Lucio, Andrea, Gianni, Francesca, Alberto, Giovanni, Mattia si concretizza in un ampio dialogo su lavoro e fioritura umana. bee.4 opera all’interno della II Casa di Reclusione di Milano a Bollate proponendo servizi alle imprese. Un’esperienza fatta di aziende che affidano servizi altamente specifici ad un’impresa sociale in carcere, declinando questa collaborazione in termini di qualità, efficienza, competitività e sostenibilità come si farebbe con qualsiasi altro operatore di mercato. Un’esperienza fatta di persone detenute (oltre 80) impegnate a valorizzare la loro “seconda” occasione.
Da allora restiamo in contatto, fino a quando Marco ci scrive: “Proviamo a venire ad Assisi, per noi sarebbe molto importante” e il 22 settembre Andrea, Erjon e Marco sono fra i 1000 giovani chiamati da tutto il mondo a dare un’anima all’economia. “Oggi volevo parlarle del lavoro, Papa Francesco: so che le sta molto a cuore – ha raccontato Andrea nella giornata conclusiva dell’evento globale EoF. Il lavoro restituisce la dignità e nella nostra cooperativa ogni singolo individuo attraverso l’impegno, la costanza, la serietà e la fatica può vivere il vero significato dell’inclusione sociale. Attraverso tanta formazione oggi ho un lavoro che mi permette di pensare e credere a un futuro diverso e concreto”. I nostri amici di Bollate sono stati un grande dono per tutti quelli che li hanno ascoltati e incontrati durante i tre giorni di evento. “Dobbiamo rientrare ora, vi aspettiamo a Bollate” – il loro arrivederci.
E così, il giorno dopo la festa di Santa Lucia, un pezzo di Assisi entra a Bollate. Nei corridoi ci sono le luci di natale, un babbo natale appeso ad una grata e un presepe con una mangiatoia ancora vuota. “Nel silenzio si grida un disagio strozzato” è la storia con cui bee4 altre menti fa gli auguri agli amici presenti, scritta su una carta rossa dentro una sacca su cui è stampata una frase: È stupefacente rendersi conto che la via d’uscita è dentro. Mentre attraversiamo i lunghi corridoi del carcere, pensiamo: ora, siamo dentro anche noi. Un “dentro” misterioso, ferito, fragile, doloroso, durissimo, ma, abitato anche da persone luminose e percorsi di riscatto. A Bollate si cerca di applicare un paradigma di esecuzione penale fondato sulla responsabilità del condannato e sulla sua capacità di essere protagonista effettivo di un percorso di riabilitazione, anche e soprattutto a partire dal lavoro.
Entriamo nel teatro del carcere. Scricchiolante il palco, come tutti i teatri. Anche i microfoni fanno i capricci, come tanti teatri. Ci vede da lontano Erjon, una delle sentinelle che ad Assisi, davanti al Papa e ai suoi amici economisti e imprenditori aveva detto: “L’uomo non è il suo errore! Abbiamo sbagliato, ma abbiamo diritto anche noi al futuro, alla speranza. Quando il nostro lavoro sarà riconosciuto come vero lavoro? Quando le carceri diventeranno luoghi pienamente umani? Shomèr ma mi-llailah?”
Con i suoi occhi sorridenti e giovani, ci abbraccia: “Non ci credo, siete venuti davvero!” – Certo Erjon! – gli sussurriamo evidentemente commossi. Bollate era venuta ad Assisi, Assisi è tornata a Bollate: anche questa è reciprocità. Erjon è un fiume in piena. “Venite, che vi faccio vedere dove lavoriamo”. E così al posto di una cella, troviamo un call centre: postazioni, computer, cuffie, caffè e colleghi. Un albero di Natale. Erjon ci racconta dei permessi che ha ottenuto per le feste e che tra poco, sì! la sua detenzione è finita.
Si accendono le luci, un attore urla: “Non credevo potesse capitare a me, perché, perché proprio io”!? Poi Luigino Bruni offre la prima riflessione del convegno al cuore del tradizionale incontro di fine anno, che gli organizzatori avevano titolato In prison is better! E l’economista e storico del pensiero imprime al pomeriggio un timbro inconfondibile. In tre punti ricorda il senso e il valore del Lavoro. Fuori e dentro, non c’è differenza, anzi: il lavoro deve essere serio e vero e bisogna farlo bene, sempre. Errore e fallimento, reti territoriali, organizzazioni ponte, il ruolo delle imprese, la costruzione di valore sono i temi degli altri interventi. “Sei finito in carcere, siamo abituati a sentire dire in riferimento ad un uomo o una donna che entrano in galera” – dice Andrea in conclusione. Forse dovremmo cambiare formula rivolgendoci a chi ha sbagliato: (ri)-comincia dal carcere”.
È tardi, i saluti sono veloci. Un altro arrivederci. Recuperiamo i documenti, il cancello si chiude. Il carcere è lontano. Nel cuore un pensiero sull’innocenza profonda degli esseri umani, dedicato a chi è rimasto dentro: Niente può cancellare la tua innocenza di figlio, sei amato, sei più grande e bello dei tuoi peccati. Perché come ci ha insegnato Don Oreste Benzi: l’uomo non è il suo errore.
Auguri cari amici!