La 25ª ora

di Luigino Bruni

L’immagine di un’ora in più, quando le 24 ore del giorno sono terminate, ha ispirato romanzi e film, a cominciare dal titolo del romanzo del 1949 dello scrittore rumeno Constantin Virgil Gheorghiu.

La nostra generazione e quella precedente, cioè quelle che hanno inventato la globalizzazione, i computer, internet, il boom industriale della Cina e dell’India, quelle della rivoluzione della longevità, dei robot e dell’AI, dei SUV e delle auto elettriche, hanno consumato le 24 ore che erano a disposizione da quando, oltre mezzo secolo fa fu lanciato l’SOS della terra (si pensi al rapporto del Club di Roma sui limiti della crescita, nel 1972). Un SOS che non coinvolge solo la terra perché il tempo è scaduto anche per la giustizia nei confronti dei poveri, degli scartati, di molte popolazioni indigene, di troppe donne umiliate, di troppi bambini che non riescono ad andare a scuola e a vivere la vita che vorrebbero vivere, della sofferenza e estinzione delle piante, degli animali, degli insetti, della biodiversità delle foreste, dei mari, dei deserti, dell’atmosfera, dei ghiacciai, del pianeta intero.

Sono passate le molte ore del giorno, siamo entrati nell’ultima ora, ma noi non ce ne siamo accorti. È forse siamo entrati anche la 25ª del cristianesimo e di molte religioni.

Chi lo aveva capito, invece, certamente per i poveri, per gli scartati, per i bambini e per la Chiesa, era Don Lorenzo Milani, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita (a Firenze), un vero profeta del Novecento, che in una delle sue pagine più profetiche scriveva la sua ‘lettera dall’oltretomba’ ai futuri missionari cinesi che sarebbero arrivati in Europa nell’anno duemila, cinquant’anni dopo la sua lettera, per rievagelizzare una Europa dove nel frattempo la fede cristiana era scomparsa, ed erano rimaste soltanto rovine di campanili e di chiese ormai abbandonate e in rovina. Concludendo la sua lettera scriveva: “Non abbiamo odiato i poveri, abbiamo solo dormito. Ma quando ci siamo svegliati era troppo tardi: i poveri erano partiti senza di noi” (Esperienze Pastorali, 1958). E perdere i poveri significa perdere la chiesa, perché la chiesa vive solo dove si può ripetere con Gesù: “beati i poveri”. Anche noi tutti abbiamo dormito, mentre dormivamo le ore trascorrevano, prima lente poi via via più veloci, il tempo passava sulla nostra indifferenza e disattenzione, che col passare degli anni è diventata sempre meno innocente e sempre più colpevole.

Ma, grazie a Dio, abbiamo un’ora in più: chi ce l’ha donata?

Ce la sta donando Dio, che ha ascoltato i suoi profeti che, come Abramo, lo implorano oggi di dare un’altra opportunità alle nostre città, non più a Sodoma e Gomorra. San Francesco, Papa Francesco – i due Francesco di EoF -, i molti giovani e adolescenti che da anni stanno gridando per salvare la terra, i tanti profeti del nostro tempo, spesso anonimi e sconosciuti, che continuano a combattere, pregare e sperare che la terra e i poveri abbiano un futuro, per ottenere un’ora in più. Noi sappiamo, sentiamo, che questa volta, diversamente dalla preghiera di Abramo che non fu esaudita, la preghiera di Francesco è stata esaudita: Eof è parte del dono della 25 ora , di un tempo in più, che Dio sta facendo alla terra e ai poveri.

Non possiamo, non potete perdere questa ultima occasione. Lo ha detto Papa Francesco nel suo messaggio a EoF nel 2021: ‘Voi siete l’ultima generazione che può salvare il pianeta’. Non sappiamo se la Provvidenza dopo questa 25 ora che sta donando alla vostra generazione ne donerà una 26ª, una 27ª ora al mondo, fino ad arrivare alla 1000ª ora; forse sì: sono duemila anni che al fico sterile del vangelo è donato un anno in più. Perché la terra è amata, perché noi siamo amati e non siamo abbandonati alla nostra miopia e ai nostri egoismi. Ma non lo sappiamo, possiamo solo sperarlo e pregarlo. Ora sappiamo soltanto che abbiamo un’ora donata. È l’ora della gratuità, l’ora che poteva non esserci e che invece c’è.

Il finale del romanzo di Constantin Virgil Gheorghiu è particolarmente bello e suggestivo. Dopo 11 anni, il protagonista, Johan, mandato per errore in un lager, torna finalmente a casa, da sua moglie Suzanna. I giornali fanno agli sposi delle foto, per celebrare la bella notizia del ritorno. Ma Suzanna e John non riescono a sorridere, nonostante le insistenze dei giornalisti e dei fotografi non riescono a scattare nessuna foto con un sorriso: dopo tutti quegli anni di dolore, quell’uomo e quella donna non riuscivano più a sorridere, non riuscivano più a gioire.

Noi, invece, dobbiamo fare le foto con la gioia. Siete giovani, siete allievi di Francesco d’Assisi, il ‘giullare di Dio’, che con le stigmate nel suo corpo riuscì a cantare il Cantico delle creature. Perché questa 25ª ora donata va vissuta nella responsabilità, nella consapevolezza dell’urgenza del nostro tempo, nella solennità di chi sa di essere una generazione decisiva. Ma questa responsabilità va vissuta anche col sorriso, nella gioia, nella festa. Gioia è l’altro nome di Economy of Francesco, che è anche un movimento di giovani che sanno sorridere e far festa mentre sentono tutta la loro responsabilità: è stato così fin dal suo primo giorno, e così sarà fino alla fine.