Il senso di manifestare: Economy of Francesco in piazza per le donne afghane.

by Paolo Santori

Sono oramai quattro settimane che, ogni sabato, i giovani di the Economy of Francesco manifestano nelle piazze italiane a favore delle donne afghane. La lettura delle testimonianze di queste donne è accompagnata da momenti di arte, letteratura, poesia, ma anche di silenzio e preghiera. Ma qual è il senso di manifestare? Me lo sono chiesto a seguito di alcune persone che, da fuori, hanno visto questi gesti simbolici come lontane e vacue espressioni di solidarietà, un impegno civile nell’era del disimpegno civile, o, peggio, una panacea per coscienze vagamente turbate da problemi lontani. Non si risolve così il problema, un tweet o una foto sui social non serve a niente laddove ci sono questioni geopolitiche ed interessi economici dirimenti che andrebbero affrontati. Insomma, una sorta di realismo impermeato di cinismo e fatalismo. A queste persone, che ringrazio perché mi hanno stimolato a riflettere, ma anche a tutti noi che manifestiamo ogni sabato, voglio dire tre cose.

Primo, stiamo facendo ciò che ci hanno chiesto le persone per cui manifestiamo, le donne afghane. Fate sentire la nostra voce, non dimenticateci. Oggi ogni questione sociale e politica viene dimenticata dopo pochi giorni dalla sua ‘esplosione mediatica’. La memoria è un bene raro. Ecco perché occorre essere vigili, come sentinelle a presidio di un problema per cui non abbiamo soluzione, ma rispetto al quale non ci giriamo dall’altra parte. Per dirla con il filosofo e Nobel per l’economia Amartya Sen, noi preferiamo indignarci e occuparci delle ingiustizie manifeste piuttosto che cercare la giustizia perfetta. L’alternativa è sederci, silenziosi, accanto a Trasimaco quando, nel dialogo con Socrate nella Repubblica di Platone, ci spiega che la giustizia è e sempre sarà l’utile (sympheron) del più forte.

Secondo, basta con l’idea che ogni azione debba ‘risolvere un problema’. L’impegno civile, di cui la manifestazione in piazza e la condivisione sui social sono alcune delle espressioni più belle, serve a informare chi di dovere, chi è in posizione di poter intervenire con azioni concrete, e a sensibilizzare i cittadini rispetto a un problema sociale (nazionale o internazionale). Chi ha studiato storia sa bene che i cambiamenti sociali duraturi non sono quasi mai quelli imposti dall’alto, ma quelli che hanno risposto a delle idee già interiorizzate dalle persone. Il civile è il fondamento del politico, non viceversa.

Terzo, il cinismo non è realismo, è piuttosto un approccio che riduce e semplifica la realtà dell’umano. L’ironia è che proprio i cinici- realisti si pensano savi conoscitori delle realtà ultime della storia, di ciò che determina il corso degli eventi, al contrario di quei poveri buonisti-idealisti che al massimo sanno manifestare in piazza. A me non convince questa dicotomia, buonisti vs cinici. Il realismo è molto più esigente di così. Il realismo chiede di tenere conto, per dirla con Machiavelli e Vico, dell’uomo qual è (con i suoi vizi, difetti, limiti) e, allo stesso tempo, dell’uomo quale può e deve essere. Ecco perché abbiamo bisogno che gli stessi esperti di geopolitica vadano in piazza e chi sta in piazza sappia cosa accade nello scacchiere politico-economico internazionale. Per problemi complessi abbiamo bisogno di soluzioni integrali.

E allora l’invito non è solo ad unirvi alle manifestazioni di Economy of Francesco il sabato, ma, sull’esempio di quelle già avviate (penso alla bella realtà di Saronno), ad organizzarle nelle vostre città. “O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra” ha detto Papa Francesco nel suo discorso al movimento internazionale di giovani economiste ed economisti, imprenditrici e imprenditori, che da due anni ha risposto al suo appello. L’iniziativa per le donne afghane è una delle centinaia che sono nate da quella lettera del papa. Forse la storia nel frattempo ci è già passata sopra, ma non è troppo tardi per coinvolgersi. Dall’Afghanistan, e da tante altre parti del mondo (comprese le nostre città), arrivano tante grida. Siamo realisti, non ignoriamole.